La giurisprudenza di legittimità non appare concorde in relazione al problema dell’eventuale assorbimento del delitto di lesioni personali o, addirittura, di tentato omicidio in quello di rapina impropria (art. 628 comma 2 cod. pen.).
L’indirizzo prevalente è nel senso di ritenere che quando la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione della res sia tale da cagionare lesioni personali o sia riconoscibilmente diretta a determinare la morte della persona offesa, si abbia concorso dei delitti ex artt. 582 ss. o 56-575 cod.pen. con quello di rapina impropria ed anzi venga anche ad esistenza la circostanza aggravante del nesso teleologico ex art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen., la quale dunque non resta assorbita nella rapina, laddove la violenza esercitata dall’agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato.
In questo senso si è espressa da ultimo la sez. seconda con la sentenza 21458, depositata il 16/5/2019 (preceduta da sent. n. 21458 del 2019, rv 276543 e da altre della medesima e di altre sezioni).
La pronunzia in questione ha precisato che è pur vero che la violenza e/o la minaccia integrano elementi costitutivi della fattispecie ex art. 628 comma 2, ma, quando la violenza, per intensità e per le conseguenze che determina, appaia eccedente rispetto alla stretta funzionalità necessaria per conservare ex post il possesso della cosa sottratta, essa finisce, inevitabilmente, per integrare (anche) un reato concorrente, per altro legato dal nesso teleologico con quello di rapina impropria.
In sintesi:
se la violenza si mantiene nei limiti dell’art. 581 cod. pen. (percosse), essa rimane all’interno del perimetro funzionale del più grave reato di rapina; se, viceversa, determina uno stato di malattia, ovvero integra – per idoneità e univocità della condotta – gli estremi del tentativo di omicidio, non vi sarebbe ragione di ritenere operante il principio di specialità ex art. 15 cod. pen.
Di diverso avviso, tuttavia, è stata la sezione prima, che, nel 2017 (sent. n. 51457, rv 271593), ha ritenuto, in caso di omicidio conseguente a rapina impropria, inoperante il ricordato vincolo teleologico (e dunque l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod.pen.). ciò in quanto la volontà dell’agente di assicurarsi, con violenza sulla persona, il prodotto del bene sottratto o l’impunità è, di per sé, elemento costitutivo del detto delitto di rapina impropria.
Anche tale decisione ha non pochi “antenati” (quasi tutti riferibili alla prima sezione della Suprema corte).
Si è insomma ritenuto che la soluzione contraria (quella fatta propria dalla seconda sezione) comporterebbe una duplice valutazione dell’elemento intenzionale: una prima volta, considerato, come elemento costitutivo del delitto di rapina impropria e, una seconda, come circostanza aggravante del medesimo reato.
Così stando le cose, è prevedibile che, alla prossima occasione, la questione sia rimessa al vaglio delle Sezioni unite.