Il quesito referendario che mira a ridurre i casi in cui la custodia cautelare in carcere può essere applicata conduce a risultati paradossali.
I proponenti vorrebbero che tale misura fosse tendenzialmente limitata alle sole ipotesi di pericolo di fuga e di inquinamento probatorio e che fosse fortemente ridimensionata la sua applicazione quando il rischio da scongiurare è “solo” quello di fondato timore di reiterazione del reato.
Invero, fatti salvi i delitti di criminalità organizzata, quelli contro l’ordine costituzionale e quelli commessi con l’uso di armi o con altri “mezzi di violenza” personale (attenzione: non i semplici delitti commessi con violenza!), il giudice non potrebbe, secondo i desiderata dei proponenti, disporre la custodia preventiva anche se – come prevede il codice di procedura penale tuttora vigente (art. 274) – è più che probabile che l’indagato possa commettere altri “delitti della stessa specie di quello per il quale si procede”.
Ora, a parte ogni altra considerazione, per non pochi di questi reati sussiste (e permarrebbe perché non è oggetto del quesito referendario) l’obbligo dell’arresto in flagranza (ai sensi dell’art. 380 del codice di procedura).
Ad esempio, nel caso di furto con strappo “lo scippo” insomma (art. 624 bis), reato che comporta l’uso di violenza (sulle cose e, di riflesso, a volte sulle persone), ma non l’uso di mezzi cioè strumenti violenti (altrimenti sarebbe rapina), lo scippatore dovrebbe essere arrestato dalla Polizia se colto in flagrante, ma, subito dopo, scarcerato dal magistrato.
Un esempio di “porte girevoli” che non ha bisogno di commento!
Lo stesso discorso dovrebbe valere per il furto in abitazione (ancora art. 624 bis), vale a dire per quella ipotesi criminosa in base alla quale, a seguito della modifica dell’articolo sulla legittima difesa, una certa interpretazione rigoristica e un po’ western, vorrebbe fosse consentito, sempre e comunque, sparare all’intruso (“la difesa è sempre legittima!”). Quindi il ladro (o aspirante tale), può essere ucciso o ferito dal derubato (anche potenziale), deve essere arrestato se colto sul fatto, ma …. deve essere scarcerato subito dopo, anche se il magistrato ritiene, in base a precisi elementi fattuali, che sia altamente probabile che torni, in breve, a delinquere.
Si potrebbe proseguire con il caso emblematico della evasione.
L’ultimo comma dell’art. 284 del codice di rito prevede (ovviamente) che non possono essere concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione negli ultimi 5 anni.
E allora, cosa accadrebbe se entrasse in vigore la “riforma referendaria”?
En passant è da chiarire che anche per il reato di cui all’art. 7 della legge 195/1974 non dovrebbe essere più consentita la custodia cautelare.
Di che si tratta? Del finanziamento illecito dei partiti.
A pensar male si fa peccato, però…