Il magistrato che ha composto (o addirittura presieduto) il collegio che ha emesso sentenza di condanna può comporre (o presiedere) il collegio che deve decidere sulla applicabilità di misure di prevenzione nei confronti del medesimo soggetto e per lo stesso fatto?
Oppure può essere ricusato per essersi espresso in altro procedimento sui fatti oggetto della imputazione (art. 37 comma 1 lett. b cod. proc. pen.)?
La giurisprudenza di legittimità, sul punto, è divisa.
Infatti la sesta sezione della Corte di cassazione, con la sentenza n. 41975, depositata il giorno 11 ottobre 2019 (ribadendo quanto già deciso dalla quinta sezione con la sentenza n. 32077 del 2014), ha ritenuto che – nel caso sopra descritto – il magistrato fosse “ricusabile”.
Ciò anche sulla base di due sentenze della Corte costituzionale (n. 283 del 2000 e n. 24 del 2019) proprio in tema di misure di prevenzione. Benché non abbiano natura penale, ha considerato il Giudice delle leggi, le suddette misure sono tuttavia fortemente afflittive e finiscono per incidere pesantemente su diritti fondamentali (libertà, proprietà, iniziativa privata).
Ciò spiega la progressiva “giurisdizionalizzazione” del procedimento di prevenzione e, quindi, la necessità di applicare, anche in tale settore, le regole e i principi del giusto processo.
La sesta sezione, in sintesi, rifacendosi oltretutto al dettato dell’art. 6 comma 1 CEDU, ha chiarito che, anche nel procedimento di prevenzione, è necessario che il giudicante sia indipendente e imparziale e tale non può essere chi ha già conosciuto “il merito” della questione da esaminare, pronunziandosi, per di più, in senso sfavorevole al proposto.
Esiste tuttavia, nella giurisprudenza di legittimità, una consistente e radicata opinione in senso contrario, rappresentata, nel tempo, dalle sentenze n. 43081 del 2016 della prima sezione, n. 23629 del 2018 della quinta sezione e n. 51793 del 2018 della stessa sesta sezione.
Anche tali pronunzie si rifanno alla Corte costituzionale e precisamente alla sentenza n. 106 del 2015, che rimarca la diversità, strutturale e funzionale, tra processo penale e procedimento di prevenzione.
Tale corrente giurisprudenziale ricorda come il giudizio del giudice della prevenzione sia meramente prognostico e non destinato alla inflizione di una pena e come l’istituto della ricusazione abbia carattere di eccezionalità. Conseguentemente esso non può ritenersi, analogicamente, operante in una “settore” nettamente distinto da quello all’interno del quale è stato previsto, atteso che il legislatore ha operato scelte radicalmente diversificate quando ha “disegnato” le due distinte procedure, tenendo conto delle specifiche finalità delle stesse.
Sembra dunque più che maturo il tempo per un intervento delle Sezioni unite.